Maria di scena

Devo.
Devo scrivere di voi!
Non posso più aspettare le parole giuste.
Vado a braccio.
Vengo.
Vengo a Zollino a vedere la mia carissima amica Diana.
La mia "Maria di scena" al Paisiello di Lecce, dove ignari di tutto ci si cambiava nel camerino di un certo Carmelo Bene, pensando fosse poca roba.
Vengo con il frutto della mia passione: mia figlia Stella.
Solo diciotto mesi.
Forse troppo pochi per Alfonso Salomon.
Ma ci provo.
In fondo oggi penso a come sarebbe stato bello se i miei genitori anziché mandarmi a lavorare mi avessero portato a teatro.
E' ancora lei la Chiave di tutto, che mi fa pensare.
Ebbene: esce in scena Riccardo, con un fare degno della magia di Balanzone.
Mia figlia rimane folgorata.
In silenzio.
Per pochi secondi.
E piange.
Corre via.
Mia moglie la insegue, ma io fermo lì.
Padre incurante già in trans per la scena d'autore, giusta generatrice di emozione brutale e folgorante.
So che mi figlia capirà.
E infatti la vostra bravura unita alla magia nobile del teatro dell'arte, la ammalia.
La "Avvicina" con la A maiuscola.
La fa ritornare al suo posto, avvicinandomi il suo ingenuo sguardo ormai contento dello spettacolo.
Ecco dove mi fermo.
Il vostro teatro è tutto racchiuso in questa scena.
La gente arriva.
Incautamente potrebbe aver paura.
Potrebbe scappare.
Ma se l'humus è quello che sai tu Diana... si ferma.
Ritorna.
Si riavvicina.
E gode.
Ringraziando il padre distratto di una nobile serata di provincia.
Dove l'aria delle "Pozzelle", genera emozione e ti sorride.
Dove gli occhi soddisfatti di tuo padre, mi sorridono e ti amano come non mai.
Sono felice.
Non voglio rileggere cosa ho scritto.
L'ho detto prima.
Vado a braccio.
A braccio forte per dei ragazzi che stimo.
Per un regale lavoro d'autore.
Per una vecchia amica che non scorderò mai.
Grazie ragazzi.
Grazie Amethéa.
Marco.

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